Camminavo pensando alla scuola quando un gatto nero mi sbarrò la strada.
Il gatto mi guardò fisso negli occhi, poi se ne andò miagolando. Io lo seguii.
Dopo qualche minuto di camminata, mi portò in una cantina abbandonata e buia, spaventosa e malandata. In quella cantina c’erano tanti gatti randagi. Guardai l’orologio e mi accorsi che mancavano 10 minuti all’inizio del primo giorno di scuola, quindi andai verso l’uscita, ma il gatto me la bloccò. Mi chiese di giocare con loro. Così giocai con i gatti per qualche ora, ma quando guardai l’orologio, vidi che era fermo sulle 7:50…
rimasi stupito!
Quindi uscii di corsa e, guardando di nuovo l’orologio, notai che il tempo aveva cominciato di nuovo a scorrere.
Di fretta mi allacciai le scarpe e tutto di un fiato corsi a scuola. Nell’entrare rimasi senza parole. Vidi che tutti i miei compagni erano dei gatti, compreso il prof che loro chiamavano
CICCIOGATTO.
Le stranezze non erano finite. Andai come sempre al mio posto e provai un grande stupore nel vedere che la verifica scritta data alla classe era nella lingua dei gatti.
Io provai a fare il massimo, ma il prof si arrabbiò perché l’avevo scritto nella lingua che conoscevo.
Tornai a casa deluso e la prima cosa che desideravo fare era guardarmi allo specchio.
Mi disegnai dei baffi , mi colorai di nero il naso e altre cose per assomigliare a un gatto e non sentirmi diverso in classe. Andai pure nella gatto-farmacia e presi delle pasticche per trasformarmi in un gatto, ma non fecero effetto. Io ero sempre io.
Ed era un gran problema.
Il giorno seguente arrivato a scuola il prof iniziò a spiegare la lezione in una lingua che non conoscevo. Dopo la spiegazione mi fece delle domande, ma io non risposi e tutta la classe mi prese in giro. Non mi sentii a mio agio e chiesi se potevo andare al bagno.
Avevo bisogno di stare da solo e di non condividere la mia tristezza. Ma il prof non mi fece uscire e mi misi piangere in classe. Mentre piangevo suonò la campanella. Era la mia liberazione. Mi sentii sollevato. Stetti meglio. La campanella poi suonò di nuovo, dopo cinque minuti. Cominciavo a non capire e ritornai ad agitarmi. La campanella suonò per la terza volta, stavolta con un rumore che conoscevo. Che conoscevo bene. Era la mia sveglia.
Capii che quello era tutto un sogno. Che non ero stato escluso. Che mi ero sentito male per niente. Ero finalmente nella vita reale dove tutti erano persone come me. Tutti parlavano la stessa lingua e finalmente potevo tornare a essere il migliore della classe.
Ma…… uscito di casa fiero, contento e felice di non essere più preso in giro da i miei compagni. Mentre andavo a scuola un gatto mi sbarrò la strada e nella mia lingua mi disse: