Era una mattinata grigia nel lontano regno di Golden Hind. Grigia come gli occhi di una nuova bimba che, nella brezza leggera, li apriva per la prima volta. Luna, questo era il suo nome. Luna era una bimba molto taciturna e angelica con quei suoi occhioni grigi e con quei suoi boccoli color del caramello caldo. Non era tanto paffuta, il giusto da farla sembrare una bambola di porcellana. In più tutti quei vestitini che le cuciva la madre erano così ben fatti da farla sembrare una principessina. Era il giorno del quinto compleanno della bambina, quando la madre, Ninfea, morì in seguito ad una dura battaglia combattuta contro una malattia misteriosa probabilmente contratta durante uno dei suoi numerosi viaggi in terre lontane. Inutile dire che la bambina era distrutta da questa mancanza improvvisa ad un’età così giovane. Ma non lasciatevi ingannare! La bambina, essendo ancora piccola, non riusciva a capire cosa stesse succedendo. Sua nonna le disse che non doveva preoccuparsi, che la mamma era partita e sarebbe tornata prima o poi.
Erano passati quindici anni da quel giorno. La bambina paffuta era cresciuta, era diventata una donna matura e una guerriera. Vi starete di certo chiedendo perché una guerriera? La risposta è molto meno filosofica di quella che forse vi immaginavate. Era in corso una guerra. Era una di quelle guerre dalle quali non puoi sfuggire e che prima o poi ti prendono e ti trascinano nel baratro della paura e dell’angoscia. Nell’angoscia di non rivedere mai più i tuoi cari e tuoi amici. Ma LEI non aveva paura. LEI non era angosciata da questi pensieri, perché LEI non aveva famiglia o amici. LEI era una guerriera e i guerrieri NON hanno paura. I suoi compagni le chiedevano come facesse, ma LEI non rispondeva mai, li guardava dall’alto in basso senza emozione alcuna, solo con ghiaccio negli occhi.
Quel ghiaccio era talmente freddo e duro che ogni volta che rivolgeva loro quello sguardo tutti trovavano, all’improvviso, un immenso interesse nel pavimento di cemento vecchio e crepato della caserma in cui dovevano restare. LEI non capiva. LEI aveva sempre pensato che il ghiaccio fosse stato interessante, che le assomigliasse. Era freddo e proteggeva un passato molto prezioso che non avrebbe mai mostrato a nessuno. Però, prima o poi, l’inverno finisce e il ghiaccio si scioglie. Ma LEI no, LEI non si sarebbe sciolta mai e poi mai. Non poteva permettere che qualcuno si intrufolasse di nuovo nella sua vita e la distruggesse. Era già successo e non valeva che succedesse di nuovo. La prima persona che le aveva spezzato il cuore era stata sua nonna non dicendole cosa fosse successo a sua madre. Ma non fraintendetela, LEI aveva capito che non gliel’aveva detto perché era una bambina, ma la cosa che l’aveva ferita di più era che la nonna aveva continuato a mentirle fino al suo dodicesimo compleanno e continuava a mentirle. Lei però aveva capito che dalla porta di cedro malandata della vecchia bottega, dove viveva con la nonna, non sarebbe apparsa mai più la sua mamma.
Poi era iniziata la guerra e non l’aveva più vista dal giorno in cui era partita per l’accademia militare. E sinceramente non ci teneva. Non che non le volesse bene, anzi, era che semplicemente non voleva vedere nessuno che le riaprisse delle ferite che ci avevano messo tempo a rimarginarsi. Quel giorno, come tutti, uscì dalla caserma per combattere, ma non tornò più. Non mise più piede su quel pavimento duro e freddo, suo gemello. Questa è la storia di una bambina che ha sperato tutta la sua vita. Questa è la storia di una promessa interiore che non rivelò a nessuno se non a sé stessa. Questa è la storia del ghiaccio. Buonanotte, nipotini miei. – conclusero un paio di occhi color della nebbia e dei capelli color del caramello caldo guardando i propri nipotini dormire beatamente.