I tatuaggi sono ormai da tempo praticati : in principio le persone tatuate erano solamente uomini malavitosi o uomini di mare, quindi, in passato, avere dei tatuaggi significava essere stati in prigione o imbarcati sulle navi.
Con il passare dei secoli il mondo è cambiato e le statistiche ci dicono che circa 60 milioni di persone, solamente nel nostro continente, hanno un tatuaggio.
Da molte persone tuttavia, chi è tatuato è visto come una figura da non imitare, perché rimane il pregiudizio che porta ad una visione negativa sulla persona che sceglie di tatuarsi. Invece non io penso che non ci sia nulla di sbagliato nel volersi fare un tatuaggio, purché questo abbia un significato non solo visivo, ma sentimentale e personale.
Si può comprendere, ad esempio, chi sceglie un nome o una figura che ricordi una persona o un evento particolare. Reputo che i tatuaggi peggiori siano quelli fatti per protesta, perché non mi sembra che abbiano un proprio significato ma è che sia solo inchiostro sotto pelle.
Questo tipo di tatuaggi, senza significato, viene fatto soprattutto da persone con pensieri particolari, un po’ sopra le righe, come afferma il direttore della Lettera Economica del Centro Einaudi di Torino, Giorgio Arfaras, “molto spesso questi non pensano al proprio futuro ma vivono la propria vita giorno per giorno e pensano che il futuro non abbia poi una grande importanza”.
Si deve, inoltre, considerare anche l’aspetto sanitario della questione, poiché se non si possiede una disponibilità economica adeguata, si rischia di avventurarsi presso sedicenti tatuatori, con attrezzature inadeguate e scarsa protezione igienica, andando incontro ad una serie di problematiche di salute. Oggi il tatuaggio è diventato un fenomeno di massa, ma conserva il sapore della trasgressione.
Gli studiosi del comportamento si sono chiesti perchè in una società così mobile come la nostra, dove si cambia casa e lavoro con estrema facilità, sentiamo il bisogno di lasciarci segni indelebili sulla pelle. La risposta che viene offerta dagli studiosi spiega come il tatuaggio oggi svolga le stesse funzioni che aveva nelle società antiche, cioè viene usato per abbellirsi, comunicare, appartenere ad un gruppo. Il mondo dei tatuaggi ha radici profonde nella storia dell’umanità e la sua moda ha conquistato in Italia non solo i giovanissimi, ma anche persone di trenta o quaranta anni.
Dobbiamo interrogarci sul perché di una scelta tanto particolare che segna l’immagine.
Colpisce quest’arte di decorare il proprio corpo in modo permanente e che coinvolge tutti i ceti sociali e tutte le età. Le motivazioni per una scelta del genere sono in realtà diverse e non è escluso che molte di queste siano di natura strettamente personale. Non è detto però che non si possano riscontrare dei tratti comuni spiegabili con l’aiuto della psicologia.
La molla più potente e profonda che spinge a desiderare un tatuaggio è probabilmente quella di volersi distinguere da tutti gli altri, il bisogno di riaffermare a livello visivo la propria diversità, il proprio essere unici rispetto alla massa. In effetti non bisogna dimenticare che nelle società primitive il tatuaggio aveva la funzione di distinguere i vari gruppi sociali.
Le motivazioni possono cambiare con l’età, gli over 40 che ricorrono al tatuaggio, infatti, lo fanno per motivi completamente diversi rispetto a quelli dei giovanissimi. Per gli adolescenti, il tatuaggio può essere un modo per affermare la propria personalità, per un adulto la scelta risponde al desiderio di fermare il tempo ad un momento della vita in cui è ancora possibile trasgredire.
Dietro i disegni indelebili di questa tecnica si nasconde il bisogno di uscire fuori dall’omologazione della propria immagine, così come viene dettata da moda e mass media. Per motivi diversi, ma per un unico grande desiderio: poter dire agli altri ciò che si è senza bisogno di parole e solo grazie alla portata universale del linguaggio iconografico.